Nel Parco Nazionale del Pollino, parte calabra, la cascata delle Ciavole (La Delicata), la cascata di ghiaccio più a sud d’Italia sul versante ENE della Serra delle Ciavole.
Per Fabio ed alcuni suoi stretti amici, la cascata delle Ciavole era cosa nota già da qualche anno. Temendo che qualcun altro la salisse prima di loro, la cascata rimaneva ignota ai più. Avevano infatti deliberatemene deciso di non divulgare le foto in giro di quel piccolo gioiello di cristallo. Il momento giusto però tarda ad arrivare o forse era il coraggio giusto che mancava, oppure era la preparazione adeguata o la compagnia. Sta di fatto che in tutti questi anni non si era nemmeno andati a vederla da vicino e, anche se il desiderio di scalarla era alto, la sua salita rimaneva un sogno. Io non ne sapevo nulla, mai infatti avrei immaginato l’esistenza di una cascata di ghiaccio così a meridione. E lo dico con cognizione di causa, non con il superficiale pensiero che al ‘sud’ faccia troppo caldo per una cascata, ma perché da quelle parti c’ero stato d’inverno più volte e, pur cercando, non c’erano cascate ‘congelabili’! Neanche chiedendo in giro. Se non in basso, troppo in basso.
Tuttavia all’uscita dell’ultimo volume della lunga collane del Touring Club Italiano (TCI Appennino Merdionale, 2011, L. Ferranti), notavo un’anomalia. Mi spiego. In una foto del versante ENE della Serra delle Ciavole c’era una ‘strana’ riga nera che segnava verticalmente quel versante. La cosa strana è che nella foto la montagna era quasi tutta innevata tranne che lì. Ne parlai direttamente con Luigi, l’autore del libro. Lui non sa rispondermi e nemmeno Rocco che nei pressi ha aperto una via su roccia (ancora irripetuta) alla fine degli anni ’90. Per fugare il dubbio chiedo a Luigi la foto in originale, ma la parete ENE delle Ciavole è talmente lontana da tutto che non si capisce ugualmente nulla. Ma ho un altro dettaglio importante: la foto è di fine marzo. La cascata delle Ciavole per un anno rimane solo un’anomalia in una foto, e cioè una riga nera (acqua che scola?) che taglia verticalmente una parete rocciosa tra balze rocciose e cenge ove spuntano secolari pini loricati. A meno di incamminarsi personalmente, penso, nessuna foto fatta ‘al volo’ da lontano può facilitare la comprensione di quella ‘anomalia’. Il versante orientale della Serra delle Ciavole (2131m) si affaccia verso il mar Ionio e il Metaponto, ma degrada fino al mare in modo diretto, con vallate logiche e lineari. La morfologia è complessa ma soprattutto vasta. La base della parete NE (1800m circa) poggia su un’infinità di montagnole e vallecole coperte completamente da fitti boschi di aceri, faggi e abeti, in una specie di foresta primitiva solcata da decine di ruscelli uno dei quali è il Raganello. Quello famoso che qualche chilometro più a valle scava uno dei canyon più spettacolari d’Italia. E’ un luogo dove è facile perdersi e con la neve alta puoi non arrivare o non tornare se le temperature si alzano e la neve diviene molle. Luigi l’anno dopo trova un’altra foto, stavolta autunnale e senza neve. La riga nera c’era anche lì! L’anomalia diviene una quasi una realtà.
Poi c’è facebook. Mimmo e compagni salgono su neve e misto ad uno ad uno gli itinerari ‘storici’ del versante, aprendo anche qualche itinerario davvero interessante, e al mio occhio attento non può sfuggire una visione più ravvicinate di quella famosa ‘anomalia’. Ne discutiamo per telefono e gli spiego che per gelare c’è bisogno che la sorgente sia perenne, non di solo acqua di fusione o da impluvio dopo forti piogge. Mimmo ci organizza addirittura una escursione-esplorazione. Le sue foto diventano chiare ed inequivocabili. C’è una sorgente di acqua a 1920m di quota ed è perenne! Ora bisogna solo aspettare le condizioni.
Fine dicembre 2014. Mimmo andiamo? E’ un no secco il suo: troppa neve per tentare e non si ha certezza che la colata sia gelata. Non insisto aspettiamo. Dicembre 2016. E’ un mese secco e relativamente freddo. Guido, uno della combriccola che sapeva, fa una foto da lontano e la pubblica. La foto è di quelle che ‘spacca’ il video. Una spada di ghiaccio azzurro su fondo ocra e grigio e un celo azzurro cobalto. La cascata c’è! Ed è bella grossa ed anche molto estetica! La ‘caccia’ alla colata di ghiaccio più meridionale d’Italia e forse d’Europa è di nuovo aperta!. Ed ecco qualche giorno dopo la parete delle Ciavole riceve la prima visita da parte di Fabio e Pasquale per un primo tentativo. Purtroppo dopo circa 30m Fabio decide che è meglio non proseguire: il ghiaccio pare essere troppo sottile. Lui ‘parla’ di pochi centimetri e di chiodi che toccano la roccia sottostante, oltre a rumori sinistri, classici del ghiaccio ‘vuoto’ sotto. Pubblica le foto e il mio interesse verso questa cascata cresce ancor di più: vista da vicino e ghiacciata è stupenda. Spero che il bel tempo prosegua per poter tentare. Mimmo avvisato mezzo salvato. Mando un messaggio pure a Nino che per l’eccitazione è pronto a scambiare turni di lavoro e di famiglia pur di esserci. Un paio di giorni, ecco degli altri pretendenti per un altro tentativo: Mino, Nico e Giovanni, ma anche loro causa contrattempi arrivano troppo tardi sotto la colata e non salgono neanche un metro.
Ed ecco arrivato il ‘nostro’ turno. Mimmo organizza per il 2 gennaio, mi dice che quasi sicuramente viene anche Nino e, forse, anche Fabio che però è sprovvisto di materiale e Nino si preoccupa di mettergli a disposizione ramponi, casco ed imbrago anche per lui. Ok allora si parte! Si decide di fare due cordate: una io con Mimmo e l’altra Fabio e Nino. Disponiamo di pochi chiodi viti da ghiaccio, quindi si decide che la prima cordata ‘attrezza’ la via, mentre la seconda lo recupera una volta e la riconsegna al ricongiungimento in sosta. Questa è perlomeno la strategia. Ma più ci avviciniamo più la colata appare magra: lo stesso Fabio conferma che c’è chiaramente meno ghiaccio del suo tentativo. Giunti al cospetto della colata, ci accorgiamo che le osservazioni precedentemente fatte erano la cruda realtà. Da subito realizziamo che non sarà possibile la salita per entrambe le cordate per svariati motivi. A questo punto la scelta della cordata che salirà è da decidere. Tutti concordi che sia io a cominciare (a detta loro, ero l’unico che poteva salire la cascata), mentre Mimmo mi avrebbe fatto sicura.
Fabio e Nino avrebbero atteso ‘direttive’ alla base, a seconda di come andavano le cose. Assieme a loro c’è la fidanzata di Fabio che rimane ad assistere per tutto il tempo. Che donna! Messo insieme il materiale delle due cordate, parto e purtroppo confermo da subito la sensazione di ghiaccio duro, liscio e ‘spaccoso’. Avvitare è problematico e dispendioso di energie, anche su facile. Capisco subito che per infilare una vite mi dovrò aiutare con un piccolo buco (invito) fatto con la punta della piccozza. Attacco poi la breve sezione verticale. I polpacci già reclamano. Metto una vite, poi un’altra e salgo. Piano, ma salgo. Altra breve sezione verticale e poi una più facile. Fabio era giunto qui. Che faccio? Dai Cristiano! –penso– almeno qualche metro in più lo devi salire! Avviso che voglio salire altri 5-6 metri e poi decido. Poco più in alto, alquanto esausto, infilo due belle viti e faccio sosta: 40m! Intanto Mimmo e Nino decidono che sia Fabio a legarsi alla mia corda (lo meritava per il suo precedente tentativo). Grido a Fabio di legarsi una delle due mezze corde dell’altra cordata ma, nella fretta (o nel freddo dell’attesa), dimentica di portare con se secchiello, martello e chiodi da roccia, cordone di abbandono, qualche ghiera e gli ultimi due viti per la nostra cordata! Insomma quando giunge in sosta non abbiamo nulla per proseguire: quasi tutte le mie ‘ghiere’ sono occupate per la sosta, compresi cordini e cordoni e le ultime due viti da ghiaccio. Sfruttando la mezza corda di Mimmo che aveva addosso, butto giù un capo e mi faccio legare il materiale mancante.
Parto per il secondo tiro senza toppe convinzioni. Questo inizia non troppo verticale ma si sale sempre più sul ‘delicato’ visto che lo spessore del ghiaccio è visibilmente più esiguo, come pure la larghezza della colata che spesso non supera i 2/3 metri. Urlo a Fabio di voler arrivare fino alle due brevi colate verticali, e li decidere se fare sosta e calare o proseguire. Dentro di me so già che mi calerò: vedo davvero impossibile proseguire oltre quel tratto verticale, la roccia pare liscia, slavata e senza fessure, mentre il ghiaccio è ancor più sottile. Nel frattempo sento le urla di soddisfazione per Nino che giunge alla prima sosta. Intanto arrivo alla colatina verticale, sarò salito forse 20 metri, non sono tanti, ma son contento per la possibilità di effettuare una ‘abalakov’ decente. Avvitate due viti vicine mi sento di proseguire fino ad affacciarmi sulle rocce di sinistra, fuori colata, dove avevo notato una fessura chiodabile. Mezz’ora di sforzi e riesco ad infilare 3 chiodi decenti. Oh! Mi posso appendere e riposare. Sono esausto e comunico a Fabio di voler scendere e di mollare tutto. Fabio con mia enorme sorpresa mi incita a proseguire. Che strano, penso, a quest’ora (sono le quasi le 16) mi sarei aspettato una frase opposta! Ok. Mi riposo qualche minuto e provo. Non ne sono convinto, Fabio lo nota e mi ripete (incitandomi di nuovo) che faccio prima a proseguire che recuperare le corde a farlo salire. Ok. Vado. Supero il breve strapiombo, metto una vite e poi proseguo. L’ignoto vero è davanti a me. Il ghiaccio non è più chiodabile, non posso più scendere, non posso più tornare dietro. Sento poi le urla di Mimmo anche lui arrivato in sosta. Anche lui mi incita. Il ghiaccio è stranamente lavorato a cavolfiori: che bello! Non guardo giù l’ultimo chiodo e salgo osservando complessivamente quel pino loricato che rappresenta la mia salvezza. Poi la colata si abbatte e il loricato si fa vicino.
Sento di avercela fatta anche se questi alberi nascono storti e contorti. Prima di mettere il cordone alla base devo fare pulizia di rametti e rami secchi. Alè cordone messo! Ora si che è finita! Dai Fabio! Molla tutto!!
Per finire voglio ringraziare i miei amici d’avventura per la bellissima giornata passata assieme, a formare un gioco di squadra dove ognuno ha avuto un ruolo fondamentale. Grazie ancora.
Cristiano Iurisci